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Puoi anche non lavorare senza perdere la retribuzione: lo dice il Ministero della Salute, l’incredibile novità

Una nuova misura interviene oggi a tutela dei lavoratori. Ecco come si può non perdere la retribuzione. Il provvedimento

L’ondata di caldo che sta interessando l’Italia in questi giorni ha messo in evidenza numerose problematiche legate alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, soprattutto in relazione alle alte temperature e all’umidità elevata che aumentano la percezione termica. Il Ministero della Salute ha riconosciuto ufficialmente il rischio di incidenti sul lavoro connesso allo stress da calore, che può compromettere la concentrazione, la capacità decisionale e le prestazioni motorie, aumentando così la probabilità di infortuni.

L’esposizione al calore intenso, specialmente all’aperto, riguarda principalmente i lavoratori dei settori agricolo, forestale, della pesca, edilizio, minerario, dei trasporti e dei servizi pubblici di manutenzione. L’azione combinata di radiazione solare diretta e temperature elevate può compromettere le capacità motorio-cognitive, incrementando i rischi di lesioni.

Il quadro legislativo

Il quadro legislativo di riferimento per la tutela dei lavoratori è rappresentato dall’articolo 2087 del codice civile e dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), che obbliga i datori di lavoro a effettuare una valutazione dei rischi e adottare misure preventive per proteggere i dipendenti, incluso il rischio da stress termico.

Caldo torrido e lavoro: il quadro legislativo – (torrese.it)

In risposta alle condizioni climatiche estreme, alcune Regioni hanno emanato ordinanze specifiche per sospendere le attività nelle fasce orarie più critiche. Ad esempio, la Regione Lazio ha disposto il divieto di lavoro in condizioni di esposizione prolungata al sole tra le 12:30 e le 16:00 fino al 31 agosto 2025. Analogamente, la Regione Calabria ha vietato lo svolgimento di attività all’aperto nei settori agricolo, florovivaistico ed edile nelle stesse ore, ma solo nei giorni in cui il rischio termico risulti “ALTO” secondo il portale Worklimate, sviluppato dall’INAIL.

Sul piano economico, le aziende possono richiedere la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) con causale “eventi meteo” per sospensioni o riduzioni dell’attività dovute a temperature elevate. Il contributo può essere concesso fino a 13 settimane, prorogabili fino a 52 settimane o, in casi eccezionali e in specifiche aree, fino a 24 mesi.

L’INPS, con il messaggio n. 2729 del 20 luglio 2023, ha precisato che l’integrazione salariale può essere richiesta anche se le temperature non superano i 35°C, considerando però la temperatura “percepita”, che può risultare più alta a causa delle attività svolte (come rifacimento di tetti o stesura di asfalto). Inoltre, il trattamento è riconosciuto ogni qualvolta il datore di lavoro, su indicazione del responsabile della sicurezza, sospenda o riduca le attività per motivi di salute o sicurezza, purché tali cause non siano imputabili a lui o ai lavoratori stessi.

La sentenza n. 836/2016 della Corte di Cassazione ha stabilito un principio importante: in caso di violazione dell’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro, il lavoratore ha il diritto di rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa senza subire penalizzazioni sulla retribuzione. Questo tutela il lavoratore da condizioni di lavoro insicure, come quelle provocate dal caldo eccessivo.

Il datore è quindi obbligato non solo a valutare i rischi ma anche a sospendere le attività qualora l’esposizione al calore rappresenti un pericolo per la salute. Questo obbligo si estende a tutte le condizioni in cui la sicurezza è compromessa, indipendentemente dai valori termici rilevati.

Published by
Claudio Rossi