Il folclore ha una sua particolare dimensione nel contesto di quelle che sono le iniziative e le manifestazioni del Ferragosto Messinese e tra queste significativa è la sfilata su due grandi cavalli dei giganti mitici fondatori Mata e Grifone che fa da prologo alla suggestiva processione della "Vara" il 15 Agosto.

Mata e' una nobile fanciulla e Grifone il saraceno venuto per depredare e saccheggiare. Oltre ad essere bellissima,  Mata è  intelligente, dotata di un carattere forte e deciso. La sua fede nel cristianesimo e' incrollabile, tutti i tentativi del Grifo per conquistarla e sottometterla risultano vani. 

La risolutezza e la determinazione di questa fanciulla dai modi gentili conquistano il saraceno a tal punto che, la crudelta' che fino ad allora era stata il vanto delle sue scorrerie, lascia il posto ad atteggiamenti piu' indulgenti e pacifici. Il Grifo e' talmente affascinato, ammaliato dalle grazie di Mata che decide di convertirsi alla fede cristiana; e' ora un cavaliere dedito al trionfo della giustizia, in difesa dei deboli e degli oppressi. 

Mata e Grifone sono finalmente insieme in questo nobile proposito, decidono di stabilirsi in questa parte dell'Isola fondando la citta' di Messina... cosi la leggenda.

 

Il 15 Agosto la solenne processione della "VARA"

 Il Giorno di Maria (video youtube 2012)

In alto il Cristo regge sul palmo della mano la Madonna Assunta in Cielo e gli Angeli festosi girano intorno al Sole e alla Luna in un tripudio di voci acclamanti la SS. Vergine protettrice di questa cristianissima città. Migliaia di fedeli, a piedi nudi, trainano a braccia il grande carro che poggia sull'asfalto senza ruote. Ad ogni strattone corrisponde un W Maria che commuove e, nel  vedere tanta genuina partecipazione e la fede così intensa che i messinesi hanno per la Madonna, riempie il cuore di gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fuochi di Mezzanotte  -  FERRAGOSTO MESSINESE


Tra favola e realtà:

La Fata Morgana

"Ruggero il Normanno invitato dai messinesi a rompere gli indugi e venire a liberare Messina e la Sicilia dalla dominazione musulmana, un giorno passeggiava solitario su una spiaggia della Calabria e, rimirando la costa siciliana studiava come aver ragione degli arabi che sapeva ben agguerriti e numerosi, mentre al suo servizio poteva contare solo su uno sparuto nucleo di cavalieri e navi. Era così intento a meditare, quando gli parve di udire una marziale musica di guerra, intramezzata di lamenti e sospiri di schiavi, da imprecazioni pagane e il tutto circonfuso da un meraviglioso odore di zagare in fiore. Lì, nei pressi, sostava un eremita e a lui Ruggero si rivolse per chiedere notizie di quel fatto così misterioso. L'eremita allungò il braccio e gli indicò la costa siciliana.

"Lì, gli aranci sono in fiore, lì c'è musica e lamenti perché lì ballano i saraceni e piangono i cristiani in schiavitù!" Ruggero il normanno rimase silenzioso... d'un tratto, il mare ribollì. Un cerchio di spuma apparve alla superficie e da essa sporse la testa una bellissima fata, la Fata Morgana che... sul fondo del mare ha il suo più bello e antico palazzo... "Che pensi, oh Ruggero? -gli gridò Morgana- Salta sul mio cocchio ed in breve ti porterò in Sicilia! "Ma il conte le rispose: "Grazie Morgana. Ma io vado alla guerra sul mio cavallo e con le mie navi e non sopra il tuo cocchio fatato..." Allora la fata agitò tre volte la sua verga magica nell'aria e in acqua lanciò tre sassi bianchi. In quel punto, magicamente, sorsero subito case e palazzi, strade e ville, e meravigliosamente tutta la Sicilia apparve così vicina da poter essere toccata con le mani. Guarda la mia potenza! - disse ancora la fata - Eccoti la Sicilia! Sali sul mio cocchio ed io ti porterò colà". Ruggero però rifiutò ancora una volta. "Non con l'inganno io libererò la Sicilia dal paganesimo. Essa me la dara' Cristo Nostro Signore..." Al nome santo di Cristo la fata agitò ancora la sua bacchetta magica nell'aria e i castelli, le strade e le ville di prima sparirono di colpo, mentre lei stessa svaniva lestamente assieme al suo cocchio fatato e ai cavalli bianchi azzurro criniti".

IL FENOMENO

DELLA

FATA MORGANA

 

In alcuni giorni tersi di una limpidezza straordinaria la costa calabra sembra tanto vicina che le case, le strade e le persone si possono quasi toccare con le mani... Gli oggetti appaiono come sospesi in aria, con dimensioni e forme mutevoli: il fenomeno è dovuto alle variazioni della densità dell'aria prodotta da elevati gradienti di temperatura in vicinanza del suolo e alla conseguente variazione dell'indice di rifrazione. 


IL VASCELLUZZO

Una grave carestia nel 1603 affliggeva il popolo messinese, malattie e desolazione flagellavano la città, la mancanza di cibo rendeva la situazione drammatica, senza possibilità di soluzione. Il Senato messinese decise di bloccare tutte le navi che transitavano nello Stretto allo scopo di dirottare a Messina quelle cariche di derrate alimentari. Il capitano di una grande nave che trasportava grano ebbe sentore di questa grave carestia che affliggeva Messina così, per evitare il sequestro, decise all'ultimo di invertire la rotta ma una tempesta glielo impedì e, per evitare il naufragio nei gorghi di Scilla e Cariddi, dovette riparare nel Porto di Messina. La popolazione si ritrovò miracolosamente un carico cospicuo di grano che permise di risolvere in massima parte la grave carestia che l'affliggeva.

La fantasia popolare ha poi arricchito di particolari questi fatti: l'intervento divino, infatti, ha permesso la salvezza del popolo messinese.

Per ricordare l'evento, ogni anno, nel giorno del Corpus Domini, viene portato in processione un Vascelluzzo d'argento, addobbato di spighe di grano, finemente cesellato dai F.lli Juvara nel 1698, conservato nella Chiesa dei Marinai.


Ancora oggi, attraversando lo Stretto di Messina con la nave traghetto, non si può fare a meno di pensare a Ulisse e a tutte le difficoltà che dovette affrontare per poter ritornare a Itaca. La maga Circe lo aveva avvertito dei pericoli che lo attendevano al passaggio tra gli scogli e i vortici dei paurosi mostri Scilla e Cariddi.  Sullo sfondo dello Stretto di Messina il calco ricostruttivo del gruppo di Scilla rinvenuto nella grotta della Villa di Tiberio a Sperlonga in provincia di Latina e ricostruito da 7000 frammenti. 

SCILLA, la mostruosa figlia di Ecate, legata all'oltretomba e alla luna, attendeva Ulisse e i suoi compagni sulla costa calabra con ululati disumani, emergendo dal mare simile a una gigantesca piovra con sei colli, dodici braccia e una bocca serrata dai denti, mentre CARIDDI si celava in una grotta della costa messinese, all'altezza dell'odierno rione di Ganzirri e minacciava i navigatori gorgogliando e creando mulinelli per inghiottire le imbarcazioni di passaggio. Molti compagni di Ulisse vennero trascinati negli abissi e divorati nei gorghi di Cariddi, l'eroe, però, riusci ad approdare sulla "Terra del Sole" nelle vicinanze di Taormina dove pascolavano le greggi del dio Elio. Qui, alle falde dell'Etna, Ulisse per sfamarsi infranse un terribile tabù facendo macellare un gran numero di buoi sacri al dio. La collera degli dei si abbatté su Ulisse che dovette nuovamente sfidare il mare tumultuoso tra Scilla e Cariddi; questa volta nessun uomo sopravvisse, ad eccezione dell'eroe omerico che naufrago, aggrappato ai legni spezzati dell'imbarcazione sarà sospinto verso l'isola di Calipso.

SCILLA E CARIDDI

Secolo I  -  4-26 d.C.

 


Il Carrettino Siciliano

 

Gli addobbi, le decorazioni e i colori smaglianti insieme alle illustrazioni, che sono riferite a imprese leggendarie e storiche, dai paladini di Francia alla spedizione dei Mille, fanno del "carretto siciliano" il souvenir più caratteristico e ricercato del folclore isolano... un misto di arte, leggenda e storia.

 

 

ha proclamato il Teatro dei Pupi Siciliani "Capolavoro del Patrimonio Orale e Immateriale dell'Umanità", questo grande riconoscimento è stato assegnato a poche altre espressioni culturali e tradizionali in tutto il mondo. 

Comunicato stampa n.40/2001

 

L'Organizzazione delle  Nazioni Unite  per  l'istruzione, la scienza e la cultura, finalmente ha voluto dare un riconoscimento  non a statue, a monumenti o a siti storici, ma a creazioni culturali e tradizioni.


I CANTERINI PELORITANI

Una esibizione folcloristica con i ballerini nel tipico costume siciliano nella Piazza IX Aprile a Taormina

I Canterini Peloritani, gruppo folcloristico di spicco,  vantano rappresentazioni in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Africa,

dall'America del Sud all'Asia, dall'Europa all'Oceania e costituiscono l'autentico fiore all'occhiello del folclore messinese.

Il Gruppo è affiliato dal 1971 alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari.

Nei mesi di Luglio e Agosto il Gruppo organizza il "Gala Internazionale del Folklore" con la collaborazione dell'assessorato regionale Beni Culturali e del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, dell'Amministrazione comunale, della Provincia e dell'Azienda autonoma provinciale incremento turistico di Messina, la collaborazione della Federazione Tradizioni Popolari, dell'Unione Internazionale delle Federazioni dei Gruppi Folcloristici europee, della Fenalc di Roma, Iov-Unesco di Vienna e della Fiera Campionaria Internazionale di Messina.


LE DUE EROINE MESSINESI DINA E CLARENZA

suonano le campane

 

Otto agosto 1282:  una data memorabile per Messina che con la sommossa popolare dei Vespri, insieme a Palermo e alle altre città federate, riuscì a liberarsi dalla tirannia degli angioini espellendo i francesi dopo una furiosa battaglia sul Colle della Caperrina.

Il lungo assedio da parte delle truppe di Carlo D'Angiò aveva messo a dura prova l'eroica resistenza dei messinesi che erano ormai allo stremo delle forze.

Anche le donne parteciparono alla battaglia e, tra queste, si distinsero per il loro coraggio due eroine messinesi 

DINA E CLARENZA.

Durante la notte, mentre gli uomini riposavano perché stremati dal lungo assedio, le donne vegliavano. Gli angioni sferrarono un ultimo decisivo attacco pensando di far breccia nella parte più debole, perché danneggiata, dello schieramento dei rivoltosi. Con grosse pietre le donne riuscirono a frenare l'avanzata, Dina e Clarenza suonarono le campane e fecero accorrere Alaimo che con le sue truppe cittadine riuscì a respingere gli assalitori.


La Leggenda di Colapesce

 

Colapesce è un nuotatore molto esperto "da recar meraviglia ai posteri"

Renato Guttuso - La Leggenda di Colapesce

(volta affrescata del Teatro Vittorio Emanuele II)

 

Lasciata fin da bambino "la compagnia degli uomini", visse in mare tra giardini di corallo, conobbe le ninfe e seguì le sirene che lo sedussero con il loro canto e fu "tenuto in molto pregio in Messina per la rara maniera del suo vivere" e, per questo motivo, i messinesi lo chiamarono Cola Pesce. Avvenne allora che il re Federico II, avendo ricevuto notizie delle strabilianti imprese di Cola, lo volle mettere alla prova promettendogli grandi doni e la mano della principessa sua figlia qualora avesse superato tre difficili prove. Il re Federico, dal Palazzo Reale, gettò una prima volta, nel tratto di mare sottostante, un vaso d'oro e incitò Cola Pesce a ripescarlo. Il valoroso pescatore, dopo essersi tuffato nelle profondità del mare riaffiorò con grande abilità, riportando al re il vaso d'oro lanciato una prima e una seconda volta. Al terzo tentativo, che era quello decisivo (gli avrebbe, infatti, consentito di avere in premio la mano della principessa...), Cola Pesce rimase in fondo al mare e non riapparve più in superficie. In realtà egli non era morto ma successe che, giunto in fondo al mare, egli si accorgesse che una delle tre colonne, quella settentrionale della Sicilia, la colonna Pelòro fosse incrinata e che stava per spezzarsi con la conseguenza che la sua Messina potesse sprofondare da un momento all'altro. Fu così che decise di rimanere in fondo al mare, rinunciando alla ricchezza e all'amore, per sostenere sulle sue spalle la colonna di Capo Pelòro. Bisogna sapere che quando avvengono le scosse telluriche nell'area dello Stretto si tratta semplicemente che...   "Colapesce poverino, stanco di sorreggere sempre sulla stessa spalla la colonna di Capo Peloro la passa sull'altra spalla e cio' causa movimento..." così la credenza popolare. Il significato di questa leggenda ci riporta alla forte sismicita della zona.


LE SECOLARI "VARETTE" TRA FASCINO E PASSIONE

di

Roberta Cortese

 

L'ultima cena - La flagellazione - La Veronica - Il Cireneo - L'Addolorata

Gesù nell'orto - L'Ecce Homo - La Caduta - La Crocifissione - La Deposizione - Il Sepolcro

 

 

Da quattrocento anni le "Varette" rappresentano il simbolo più forte della Pasqua. Hanno subito, come l'intera città, le devastanti conseguenze dei terremoti e della guerra ma, tranne che per brevi interruzioni, non hanno mai smesso, nel giorno del Venerdì Santo, di raccogliere migliaia di fedeli messinesi e tanta altra gente richiamata da fuori dal fascino dell'evento.

I gruppi scultorei raffiguranti la Passione di Gesu' Cristo, ogni anno compiono un miracolo, al pari di un'altra imponente processione, la Vara del 15 agosto: quello di far emergere prepotentemente quella messinesità che sembra essere stata persa. Le "Varette", come di consueto, sostenute da 250 portatori, lasciano la Chiesa "Nobili Arciconfraternite di Ns. Dama della Pietà degli Azzurri e della Pace dei Bianchi", meglio conosciuta come Nuovo Oratorio della Pace, e si muovono tra una moltitudine impressionante di fedeli. La partenza è sempre preceduta dal momento di preghiera guidato dal cerimoniere della Confraternita del SS. Crocifisso.

Il percorso di solito interessa la Via XXIV Maggio con il passaggio davanti al Monastero di Montevergine in omaggio a Santa Eustochia Smeralda Calafato, si prosegue per la Via Martinez e quindi per il Corso Cavour, Via Tommaso Cannizzaro, Via Garibaldi, Via I Settembre e, da qui, in Piazza del Duomo, fino al rientro con la caratteristica corsa "anchianata di Varetti" di Via Oratorio San Francesco e Via XXIV Maggio.

E' certamente la sosta davanti al Monastero di Montevergine uno dei momenti più emozionanti, con le clarisse affacciate a salutare le sculture applaudendo e gettando petali di rosa e, non di meno, la suggestione della Messina di un tempo con il corteo che raggiunge e si ferma davanti allo splendido Monte di Pietà.

In corteo presenti i tamburini di Motta Santa Anastasia con gli storici tamburi della famiglia Ballarò, davanti al fercolo dell'Addolorata sfilano le "Biancuzze" le ragazze dell'antico istituto benefico gestito dall'Arciconfraternita della Pace dei Bianchi. A chiudere il corteo le confraternite provenienti dalla Cattedrale, le confraternite cittadine, l'Arcivescovo e il reliquiario della Santa Croce portato da un canonico del Protometropolitano Capitolo della Cattedrale sotto un baldacchino sorretto dai confrati dell'Arciconfraternita di San Basilio degli Azzurri e della Pace dei Bianchi.

 

 

Torna all'inizio della pagina

 

 

 

 

webmaster@torrese.it - Copyright© 2006 torrese.it - All rights reserved