TAORMINA: TRA REALTA E FANTASIA

 

Capo Taormina e Isola Bella

Taormina

tra realta e fantasia

 

Qui, aiutate dalle incomparabili bellezze naturali, favola e realtà si mescolano e si sovrappongono a tal punto da rendere difficile capire dove finisce l'una e inizia l'altra.

Il mito moderno di Taormina è figlio di leggende che parlano di un'antichissima Sicilia popolata di giganti, di uomini-pesce e di animali mostruosi sullo sfondo del "tremendo vulcano" Etna. Nelle esaltazioni letterarie del Settecento, Taormina è descritta come una specie di finestra aperta davanti a tutte le "meraviglie" dell'Isola, alcune misteriose ed altre orride, tramandate nei racconti popolari.

Il Teatro greco-romano con la vista dell'Etna

 

Da Castelmola: l'ETNA

 

Taormina vista dal Castello Saraceno

 

Faraglioni di Capo Taormina

 

Dove finiscono il verde e i fiori, dove finisce la terra e comincia il mare dovrebbero dilavarsi anche i colori.

Così non è. Le pareti di terra e di roccia che improvvise finiscono al mare assumono incredibili colorazioni, sfumature infinite come delicati pastelli che si fondono con le azzurre trasparenze del mare.

 

 

 

A questa finestra vengono ad affacciarsi nell'Ottocento viaggiatori in cerca di memorie storiche: i loro sguardi si smarriscono "nelle tenebre lontane ove sonnecchiano Augusta e la grande Siracusa". Oggi, più che richiami del mondo classico, sembra che Taormina, nonostante il Teatro Greco (costruito in età ellenistica sulla sommità del Monte Tauro), le naumachie romane e i ricordi arabi, sappia suscitare ancora leggende che si perdono nel fantastico. Forse il furore di Polifemo non si potrebbe immaginare ambientato altrove, se non al cospetto di quel minaccioso cratere che è in vetta all'Etna; forse i nomi stessi dei luoghi - paesi, fiumi, gole laviche - che la circondano, le tante Aci, i Ciclopi, l'Alcantara, il Timeo, rimandano Taormina a tempi preistorici; o forse è il mare di Colapesce e della Fata Morgana ai piedi della montagna terribile a dare la sensazione di una natura arcana, padrona del destino degli uomini e delle città.

Qui realtà e favola si mischiano.

 

Taormina è su un promontorio che taglia due golfi.  Da un lato guarda l'imbuto dello Stretto, dall'altro l'occhio corre dall'Etna al Mar Jonio: un osservatorio di paesaggi diversissimi. Verso nord si spera nello spettacolo-miraggio della Fata Morgana: le città calabresi, i palazzi e chiese, giardini e strade, specchiate sul mare dalle rifrazioni della luce del sole, sequenze di immagini bizzarre concluse con un trionfo d'iridescenze. Verso sud, si hanno gradini di colore: dal blu del mare, in basso, alla cima rossa del vulcano circondato dalla neve, in alto, salendo per il verde e per il giallo degli aranceti e il nero della lava raffreddata sulle balze dell'Etna. Alla fine del secolo scorso, meravigliava di Taormina soprattutto il Teatro Greco dal fondale a portico ornato di colonne e nicchie entro le quali originariamente apparivano le statue degli dei (o degli eroi?) della tragedia antica. Era l'inizio dell'età del turismo: l'ex convento di San Domenico, diventato albergo, offriva soggiorni romantici all'ombra di un chiostro del quattordicesimo secolo. I viaggiatori rimanevano ammirati: al ritorno descrivevano una rocca incantata dove s'erano poste in mirabile armonia le  tante architetture della storia del Mediterraneo. L'antichità accessibile ad ogni sguardo dentro una cornice di taglio mitologico richiamò archeologi, scrittori, artisti, esteti. Col passare degli anni la fama si è trasformata seguendo un percorso obbligato di un turismo all'avanguardia, raffinato e ricercato, ma è rimasto a Taormina quel mescolare leggenda e natura, realtà e magia con prevalenza del fantastico.

 

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